lunedì 29 aprile 2013

Supporting Characters


Un film di Daniel Schechter con Alex Karpovsky, Tarik Lowe, Lena Dunham. USA, 2012.

Presentata al Tribeca Film Festival 2012, è una storia semi autobiografica in pieno stile New York-indipendente.

Nick (Alex Karpovsky) è un giovane montatore newyorkese prossimo al matrimonio, ed insieme all'amico assistente Darryl (Tarik Lowe) sta rimaneggiando, come di consueto, la struttura di un film onde evitare un fiasco già preannunciato.
Entrambi più o meno fidanzati, durante le sessioni di lavoro, talvolta anche notturne, si raccontano i propri problemi mentre un regista assente e stralunato, un po' meteora un po' paranoico, rende la vita difficile ai suoi dipendenti.
Ma ecco che l'elemento disturbatore di natura femminile (il fatidico supporting character) non tarda ad arrivare per rompere l'apparente quiete regnante: è l'attrice del film in questione e si chiama Jamie. Instaura quanto prima un rapporto molto confidenziale con Nick ma, nonostante l'ambiguità di qualche vago tentativo da parte di lei, nulla condurrà mai i due, seppur evidentemente controvoglia, a qualche tipo di incontro ravvicinato capace di minare le reciproche stabilità (?) sentimentali.

E', dunque, mentre i due protagonisti provano a salvare un film in crisi, che vedono rimessi in discussione anche i propri equilibri amorosi, ma se c'è qualcosa di scontato da dire è che la vita non è film, quindi, se un buon montaggio può fuor di dubbio conferir nuova vita ad un progetto ormai dato per spacciato, di certo non si rivelerà mai altrettanto semplice prendere piena coscienza della propria vita in un momento cruciale di grandi decisioni (l'imminente matrimonio di Nick) e dubbi esistenziali.

E' un'istantanea nitida, realistica e, in un certo senso, anche un po' amara, comunque mai spensierata, quella che il regista Daniel Schechter scatta ad una coppia di amici americani e alle loro rispettive situazioni: due amici dall'aria senz'altro cool, celata però dietro all'estro quasi d'artista di due tipici ragazzi newyorkesi, di quelli pseudo-indipendenti, che alla fine, sì, lavoricchiano anche, ma, di fatto, nessuno capisce mai come riescano a pagare l'affitto.

La fotografia piacevolmente calda, dai toni romantici e dalle sfumature alla pesca rende tutto il film esteticamente d'alto livello, con inquadrature perfette nel loro equilibrio dal quale la macchina da presa non sgarra mai, rimanendo spesso fissa, mantenendo fuochi perfetti e immortalando espressivi volti eccezionalmente evocativi.

Un cammeo di Lena Dunham dalla durata fin troppo effimera, arricchisce la storia già combattuta e confusa di un protagonista che tra lavoro, amore e ingenui moti d'attrazione, sembrerebbe un personaggio (Nick) in preda ad un imminente attacco di nervi, ma che inaspettatamente conserva tutta quella seraficità che lo contraddistingue fin dal principio rendendolo ancor più attraente, nei suoi silenzi comprensibili con cui tenta, altresì, di giostrare al meglio le fila di una vita dalla quale fa finta di non sentirsi edificato ma che in realtà, sotto sotto lo fa sentire un vero hipster senza eccezione.
Anch'egli, oltre a Lena Dunham, mutuato dalla serie tv GIRLS, dalla quale riprende anche il lato irrisolto del suo personaggio, Alex Karpovsky dimostra doti recitative molto buone e scorrevolmente amabili, tanto quanto quelle del co-protagonista Tarik Lowe, personaggio assai più scanzonato e divertito che, al regista, in questo caso, presta anche la sua piacevole mano di sceneggiatore.

Un bel film d'autore che, ancora una volta, con uno stile meno underground ma più contemporaneo e pulito dei soliti mumblecore, racconta una generazione in perenne conflitto, a disagio sia con i temi primitivi ed originari della famiglia, dell'amore e del sesso, sia con i temi più attuali relativi al contesto di crisi personale e globale socio-economico-culturale.

Scambio di favori tra indie-autori: una colonna sonora firmata dall'amico regista e musicista Jordan Galland (che per Tiny Furniture regalò un brano anche a Lena Dunham) in cambio di un trailer (per il film di Galland Alter Egos): onesto.




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