domenica 27 ottobre 2013

The Division of Gravity


Quale maestria narrativa, per raccontare la fine dell'idillio. Quel “per sempre” sorridente che si usura con il tempo. The Division of Gravity è un racconto al presente collegato al passato: immagini e ricordi si sfuggono e ritornano, giustificando la fine di un amore che altrimenti non si potrebbe concepire. Un fotografo molto preso dal lavoro pian piano dimentica la sua giovane sposa.
Un'ottima fotografia accompagna le riprese di dettagli, spiagge, fotografie e pareti silenziose. La recitazione dei due attori è passionale, spontanea e dolorante: ogni sguardo o sospiro sembra sia perfettamente al suo posto. Un equilibrio narrativo ed estetico speciale rende la visione piacevole, fotograficamente interessante ed emotivamente intensa. Un dramma perfettamente bilanciato che trova la sua dimensione in otto minuti in densi di tutto ed il suo contrario. Il gioco è di contrasti tematici ed amorosi, di fili che si spezzano e cornici che si scheggiano, eppur tutto funziona.

Lo stesso tema di contrasto, rimanendo nella filmografia del regista Rob Chiu, anche sceneggiatore e montatore dei suoi lavori, si trova anche nel suo primo cortometraggio Fear/Love con cui egli indaga tutt'altre tematiche giovanili quali il bullismo, la violenza, la paura, e lo fa in modo quasi subliminale, evocando sensazioni che pur non essendo veramente esplicite, portano con sé un carico emotivo in continuo crescendo. Non c'è più dramma d'amore qui, bensì un dramma sociale, raffreddato anche da una fotografia quasi completamente de-saturata e virata leggermente verso i toni del ghiaccio e del blu scuro.


La fotografia torna normale, l'esposizione con la luce naturale torna realistica nell'ultimo corto del regista, Once, When We Were Young, in cui la tematica rimane poco leggiadra, sempre correlata al disagio giovanile e metropolitano, alle armi, alla periferia, alle zone della metropoli più sensibili in cui i capi banda controllano i territori e il sorriso delle ragazze innamorate si fa aspettare. Il mondo brucia. E' la fine delle amicizie, è la fine dell'infanzia. Apocalittico e raccontato da una voice over misteriosa.

mercoledì 23 ottobre 2013

Stuck in Love


Un film di Josh Boon con Logan Lerman, Kristen Bell, Lily Collins, Jennifer Connelly

Uscito dal Sundance, Stuck in love è una romantic dramedy indipendente da non perdere. Scritta e diretta dal giovanissimo Josh Boon, è un’opera prima ed è stata girata in digitale nel North Carolina.
E’ un film pieno d’amore. Basti pensare allo splendido particolare per cui uno dei protagonisti si rivela appassionato di quella che a tutti gli effetti si potrebbe considerare tra le più belle opere della letteratura contemporanea americana. Raramente tanto amore si cela dietro ad una sola storia così ben intrecciata e quasi mai scontata. Un'opera pieno di perdono, dolore e grazia.
La grande espressività degli attori rende ogni personaggio un vero e proprio trionfo di verità e sentimento.
Uno dei punti di forza principali del film è la sceneggiatura: scritto benissimo, con un ritmo accogliente, vivace ma non frettoloso, il film scorre tra dialoghi scarni e profondi che raccontano una storia anche attraverso i suoi silenzi.
La leggerezza del film è ben bilanciata dal dramma che non si fa mai realmente patetico, riuscendo a fluttuare tra le sfumature della poesia senza diventare mai esagerato.
Riferimenti acuti e colti alla letteratura e alla passione vibrante per la scrittura, prerogativa di quasi tutti i personaggi, rendono la storia ancora più interessante, grazie anche a un cameo da colpo di scena degno dei più grandi sogni adolescenziali.
Vita in famiglia e vita da college: un richiamo romantico alle serie tv più belle, quelle che trasudano cultura americana senza ostentarla. Un vero ritratto familiare sulla complessità delle realzioni umane e il loro eterno indiscusso fascino.


domenica 20 ottobre 2013

Before Midnight


Sono usciti dall’ultimo Sundance e passati dal Tribeca Film Festival
Son tornati e oggi hanno quarant’anni. Adulti e disillusi, un po’ più cinici e stanchi, con ancora tante passeggiate da fare e tanti discorsi da affrontare. Son passati vent’anni da quella volta in treno, e alla spensieratezza del gioco, del pericolo, della curiosità e del tormento amoroso si son sostituiti i figli, i divorzi, e le amarezze della vita.
Il terzo capitolo della storia d’amore tra Céline e Jesse, girato dall’abile Linklater rappresenta la maturità, dei protagonisti, del regista e di una storia importante. Un’opera senza dubbio differente dalle due precedenti ma al contempo estremamente influenzata dal passato. I Céline e Jesse di oggi ricordano con tenerezza i loro venti e trent’anni che li hanno condotti in Grecia, a vivere una vacanza bucolica lontana dalla vita parigina. Ma i pesi dei propri errori si fanno sentire quando la stanchezza non concede né tempo né perdono e improvvisamente, una romantica serata si trasforma in un gioco crudele di colpe, rimorsi e domande a volte scomode.
Anche lo stile "cartolina" si è evoluto: non ci sono più la città, le strade i monumenti di Vienna o Parigi, bensì gli uliveti, i tramonti e le stradine caratteristiche di Messenia e Kardamyli.

La narrazione si sviluppa nell’arco di un’unica giornata e i due protagonisti sono affiancati da personaggi secondari che animano tutta la prima parte del film. L’elemento portante dell’opera, come per le precedenti, è ovviamente il dialogo, la verbosità tipica di una saga che da vent’anni incanta gli spettatori romantici.

La vera specialità del film è rappresentata dal rapporto reale tra i due attori e il regista, tutti accreditati per aver collaborato alla sceneggiatura (come sempre ricca di particolari, curata e originale) e aver creato un film molto personale. 
Il tempo passato nella finzione e nella realtà ha segnato e rivoluzionato una saga che è diventata un simbolo di qualcosa di più nel panorama cinematografico. Qualcosa che ispira veramente e non si lascia dimenticare. Una suggestione che la stessa Delpy ripropone spesso nelle sue regie. 

Un altro piccolo gioiello da guardare e custodire come un ricordo speciale, in attesa di un eventuale e sperato prossimo capitolo.

mercoledì 16 ottobre 2013

The Bling Ring


E’ l’ultima opera scritta e diretta da Sofia Coppola. Presentata allo scorso Festival di Cannes ha inorridito e incantato pubblico e critica.
In realtà questo film è un cortometraggio mancato molto interessante. Una rappresentazione veritiera e un po’ noiosa (come lo è nella realtà, quindi realistica) della vuotaggine contemporanea di adolescenti prossimi all’implosione. 
La storia in sé manca alquanto d’azione ed essendo sempre uguale a se stessa risulta ridondante, a tratti ridicola, un po’ facile.
La trama vede una baby gang di adolescenti alle prese con dei furti nelle più ricche e sontuose ville di Los Angeles, compresa la vera casa di Paris Hilton. Il ritmo movimentato ma poco allettante ci conduce, alla fine, verso l'unico momento del film in cui succede qualcosa di differente. Ciò che spinge di più alla visione è la sola curiosità di poter sbirciare nei salotti deserti delle case immense, come castelli incantati dal lusso e dalla solitudine.
Gli attori son sembrati più incompetenti del previsto: nonostante le grandi aspettative  su Emma Watson, è stato impossibile per me prescindere dall’imbarazzo di fronte ad una recitazione talmente caricata, quasi di plastica. I bagliori e le scintille delle ville hollywoodiane sono state la sola ed unica valida cornice per una tela troppo povera che la Coppola non ha saputo addobbare. Le scelte musicali, invece, si sono rivelate coerenti con il tema, la narrazione e l'età dei protagonisti.

Un reportage fashion verité non riuscito ma assolutamente da guardare nonostante i difetti. 

venerdì 11 ottobre 2013

Dan Invited Hannah Over For Dinner

Un film di  Patrick T. Lo con Nika Mistruzzi e Ryan Fisher. Canada, 2012


Ispirato ad un episodio realmente accaduto nell'esperienza familiare del filmmaker Patrick T. Lo, il corto rappresenta un'intenzione terapeutica di esorcizzare un accadimento personale: una pratica molto diffusa tra i registi più o meno giovani, che apre sempre più il fare cinema indipendente all'autobiografia e rende le atmosfere delle storie continuamente più familiari, personali, ricche di sentimenti delicati da giudicare e talvolta comprendere.
Sono dieci minuti d'autore che raccontano la storia di Dan, il quale una sera, splendente nel suo sorriso, contro qualsiasi aspettativa, invita a cena a casa la fidanzata Hannah.
La vicenda è raccontata da una voice over british che traduce in parole i sentimenti di una giovane donna in balìa di se stessa. Le parole di Kevan Brighting (voce molto nota nel panorama cinematografico indipendente) suonano calde, profonde e descrivono situazioni bizzarre, accompagnate da piccole scene metaforiche d'intermezzo (fiori che sbocciano, pesci in un acquario, anelli di fidanzamento).

Gli stili principali di ripresa sono due e si alternano con classe: il primo è molto composto, dalla fotografia intensa, con immagini curate nei movimenti e nella scenografia d'interni non casuale. Il secondo è al contrario, più sporco e mosso ed è utilizzato durante le scene d'esterni. Queste ultime, girate secondo la pratica del guerrilla filmmaking nella metrò, in presenza di persone ignare d'esser riprese in video, sono più casuali e conservano un aspetto metropolitano che dà ossigeno all'intero cortometraggio. Nonostante siano poche rispetto alle scene in casa di lui o ai ricordi di lei da bambina, le riprese in strada o sotterranee riescono far respirare tutto il resto della narrazione, tanto ben eseguita tecnicamente da poter quasi risultare leggermente posticcia. Nel complesso, ne deriva un ensemble stilistico riuscito particolarmente bene.

Le scene nel metrò, girate a Toronto, in cui Hannah deve raggiungere casa di Dan, sono anche quelle in cui si dà un'immagine concreta ai suoi pensieri nonché alle piccole preoccupazioni quotidiane che la incupiscono: sono i primi minuti del film e sono fondamentali per cercare di capire cosa si nasconda dietro i suoi occhi di ghiaccio spaventati. Girato in digitale con una Panasonic AF100, questo film, rappresenta la strada migliore verso il lungometraggio ovviamente indipendente.

domenica 6 ottobre 2013

Roshambo by Free People


Ha più l'aspetto di un trailer, molto curato e ricco di scene più che di un vero e proprio cortometraggio. Poco recitata, è la storia di un incontro che così come avviene improvvisamente, altrettanto velocemente si dissolve, dolce parantesi tra i quartieri di Brooklyn.
Lui e lei  si incontrano. Un caffè insieme e le ore diventano giochi, effusioni e complici sospiri. Un pomeriggio, qualche mese, una giornata bohemien, tra cappelli, mazzi di fiori e bistrot americani: carta-sasso-forbice.
Una narrazione per immagini, quasi senza tempo, rende il corto (cortissimo, poco più di tre minuti) quasi un video, un piccolo reportage intimo e poetico, un ricordo sensuale, amore estivo abbandonato.
Al fianco di Jonathan Doe alla regia anche Guy Aroch, noto fotografo e stilista di moda israeliano trapiantato a New York.
La modella protagonista è la bellissima Sheila Marquez, in questo caso naturale bellezza romantica al fianco di Christopher Abbott, direttamente dal cast di Girls o di Hello I must be Going.
 Ma Roshambo non è solo un corto, è molto di più: ha anche due sequel ed è prodotto da Free People, il brand americano che veste la donna boho chic. E' dunque svelato l'arcano, lo storytelling particolare, l'indugio sugli eterei vestitini, gli accessori e le atmosfere evocate. Una strategia di marketing intelligente che fa della pubblicità qualcosa di artistico, con una storia da raccontare.
 Nel secondo cortometraggio, Roshambo Rock, troviamo Sheila nostalgica, persa con due amiche tra i colori di Rio, nel terzo, Roshambo Paper-scissors c'è Chris altrettanto malinconico a Parigi. Da immaginare uno in seguito all'altro, sono tre pezzi di un puzzle d'amore triste e al contempo intenso. “Chiamala, non è difficile”. Una bella storia che fa dimenticare il suo essere una vetrina fashion, e fa sognare. Romantici a Parigi.