domenica 26 gennaio 2014

Crush


Dopo Roshambo, CastelloCavalcanti e Best Friends, un nuovo fashion short film approda sul web. Per la designer Rachel Antonoff, dopo Lena Dunham, si mette all’opera la regista Bianca Giaever.

Un piccolo documentario sulla storia d’amore dei genitori della designer, su come si sono conosciuti e su come si sono amati, raccontato tramite una danza speciale tra un’intervista sotto forma di voice over e delle immagini che la accompagnano, interpretandola non senza, talvolta, provocare un effetto piuttosto straniante. Anni ’70, costumi e scenografie da non perdere e leggerezza visuale piacevole, da centellinare senza fretta.

L’amore giovane, il ricordo e la nostalgia di una coppia contemporanea rivisitati dal tocco femminile di una giovane artista che ha fatto di questa estetica una cifra stilistica personale, fatta di immagini reali, vite ricostruite, voci off e mini video-ritratti poetici ed efficaci.


Sempre per rimanere in tema, nuovo piccolo video anche per Lena Dunham in occasione della cover febbraio di Vogue US. Ansia da notte pre-esame? Ballare per credere.

domenica 19 gennaio 2014

Dallas Buyers Club


Presentato al Toronto Film Festival e poi approdato a Roma, è l’ultima opera del canadese Jean Marc Vallée.
Un tragico ritratto del Texas degli anni ’80  e della malattia del secolo, quella che ha strappato la vita a tutte le anime invisibili fluttuanti e nascoste tra le tende di una camera d’ospedale, la droga, e le speranze infrante. Un racconto struggente e delicato ispirato ad una storia vera che non perdona: un’amicizia romantica e cumuli di dolore al velluto.

Matthew McConaughey e Jared Leto legati indissolubilmente da una commovente simbiosi energica di sguardi, sangue e parole, irripetibile.  Voci rotte da pianti disumani e lotte contro una consapevolezza crudele che acceca l’illusione. Sorrisi. I soli due sorrisi che illuminano gli occhi di Ron, nel corso di tutto il film, sono i due gioielli che ne valgono la visione: dicono quello che non si dice, parlano di rabbia e d’amore.

Grande sceneggiatura, grandi ideali, grandi personaggi: splendidi corpi come scheletri animati dalla morte che li tiene in piedi e li fa dondolare, sacri come l’innocenza e l’arrendevole rassegnazione. E poi colori. Ovunque. Calze a rete e rossetti rovinati, poiché si sa, una storia non si racconta da sola, e se si racconta bene, il colore sbava.

domenica 12 gennaio 2014

Searching for Sugar Man


Presentato al Sundance Film Festival nel 2012, è il debutto dietro la macchina da presa di Malik Bendjelloul.

Come mettere in immagini e parole tanta bellezza musicale? Searching for Sugar Man è un ritratto speciale, quello di Sixto Rodriguez, un musicista folk misterioso americano d’origini messicane che, dopo due dischi e un tragico fallimento commerciale, si ritira dalla scena ignaro dell’enorme successo che di lì a poco, nel caldo Sudafrica dell’apartheid, avrebbe riscosso senza eguali, arrivando a superare nomi al tempo ben più noti come quelli di Bob Dylan, dei Beatles o dei Rolling Stones.

Il poeta dei quartieri poveri veniva chiamato, di quei quartieri ricchi di storie, spiriti vagabondi, miseria e musica. Un volto sconosciuto, percepito e immaginato solo attraverso le copertine di quei vinili che tutti custodivano gelosamente e dai quali venivano graffiate via le canzoni proibite, che non hanno mai smesso di far sognare. E’ stato lui Sugar Man, l’uomo dai mille nomi, l’ispirazione segreta alle prime rivoluzioni contro l’apartheid, uno stimolo censurato che ha saputo cogliere i suoi sacri frutti.

E’ grazie alla sua misteriosa sparizione dalla scena che un giornalista e un fan sudafricani iniziano il loro viaggio alla ricerca di un artista dato ormai per perduto, del quale si narravano epiche leggende, racconti di fantastici suicidi e oscuri dissolvimenti sotto le note di una chitarra disperata.

La prima metà del documentario crea quel mito che nella seconda metà prende vita e si incarna nel corpo di un poeta inconsapevole, dalla dolorante potenza e dagli occhi di fuoco, ritratto dallo stupore ammirato di chi parla di lui con in bocca una tale meraviglia, di quelle riservate sollo all’asceta.

Lo stile vintage al sapore di una super 8 che, per problemi di costi, è stata sostituita felicemente da un IPhone e un’applicazione piuttosto riuscita, ci trascina in riva al mondo, a bere un tramonto perduto tra le coste di due continenti obliati.

mercoledì 1 gennaio 2014

My Blueberry Nights

“Il mio gettone sarebbe la tua torta di mirtilli”

Nominato per la Palma d’Oro 2007 a Cannes, il capolavoro di Wong Kar Wai, nonché primo film americano del regista, è una di quelle opere belle che rendono tutto più armonioso, onesto e sognante. Un gioiello dall’involucro e dal contenuto perfettamente in simbiosi.

Una lunga corrispondenza romantica, attraverso l’America, si incrocia a storie, personaggi e vite vere, tragicamente reali, malinconiche e delicate. Destini difficili e disillusi che si incontrano per respirarsi, assaggiarsi e poi lasciarsi.
La poesia dei personaggi invade le loro intenzioni, le esitazioni e i piccoli atti di coraggio che producono le grandi cose. New York – Memphis – Las Vegas, e l’atmosfera nostalgica dei locali notturni avvolti dalle loro luci suffuse, molteplici solitudini e musiche blues.

La colonna sonora, grande star e dolce compagna di ogni protagonista, è firmata tra gli altri da Norah Jones, protagonista del film, al suo debutto sul grande schermo e Cat Power, già autrice di molte colonne sonore (Io sono qui, Juno, L’amore Giovane…) e presente nel film in una piccola parte.
Le ottime interpretazioni si risolvono attraverso le voci, i volti e i corpi di protagonisti inquieti a cui parlano gli occhi, che si accarezzano vicendevolmente senza farsi male. Jude Law interpreta il gestore di un intimo ristorante di New York, guardiano di un’ampolla di storie, chiavi e torte mai mangiate. Arnie, il personaggio più interessante, è interpretato da David Strathairn, nei panni del re dei gettoni bianchi, disperato innamorato, piaga dolorante e confidente speciale di Elizabeth. Poi Natalie Portman, Rachel Weisz.

Le belle scenografie e la sceneggiatura leggera e scarna, riempiono le immagini completandole e donando loro un sapore sensuale. Movimenti di macchina come musica attraverso vetrate colorate dal buio che risiede in fondo alla speranza.